Perché a Sansepolcro
Franco Polcri

SANSEPOLCRO, UNA CITTA' DELLA MENTE

Il "Borgo": ancora oggi è chiamata così Sansepolcro, con un evidente riferimento al suo nome di origine ("Burgus Sancti Sepulcri": Borgo del Santo Sepolcro) perché fu fondata nel X secolo da due pellegrini che tornavano da Gerusalemme con alcune reliquie del Sepolcro di Cristo.
Al di là delle caratteristiche urbane e ambientali, ben rilevabili quando si passeggia per le sue strade, per le piazze e ci si sofferma davanti ai suoi numerosi e pregevoli monumenti artistici, Sansepolcro potrebbe essere "avvertita", non solo come luogo da visitare fisicamente, ma anche come una "città della mente", da "gustare" concettualmente e nell'anima.
Così, anche alla luce della sua storia e delle figure dei personaggi che vi nacquero e la illuminarono, questa città potrebbe essere considerata come una terra nuova, cioè come un luogo da scoprire proprio per le suggestioni che possono derivare al visitatore dalla bellezza del suo paesaggio ancora incontaminato, dal pensiero delle sue origini e della sua storia, dal ricordo di chi vi trascorse la sua vita, di chi la frequentò e le rese omaggio.

Primo fra tutti Piero della Francesca, che la immortalò rappresentandola in alcune sue opere (nelle tavole del Battesimo, della Natività, di San Gerolamo e un devoto, in una scena affrescata in San Francesco di Arezzo, quella della Verifica della vera Croce) ed emblematicamente nella Resurrezione, uno splendido affresco che Aldous Huxley, venuto in visita a Sansepolcro nel 1924, definì "la più bella pittura del mondo", assegnandogli in tal modo quel carisma. Infatti, nell'estate del 1944, di questa definizione si ricordò fortunatamente Anthony Clarke, il comandante di una batteria di artiglieria alleata ormai alle porte di Sansepolcro.

Quando stava per ordinare l'inizio del cannoneggiamento della città, Clarke si fermò all'improvviso proprio perché gli vennero, appunto, alla mente le parole di Huxley su Piero e sulla Resurrezione.
In tal modo la città fu salva grazie alla sensibilità di un soldato affascinato da Piero e, come scrisse H. V. Morton, l'episodio ci ha lasciato "un bell'esempio [.] del potere della letteratura e di come la penna sia più possente della spada!".

Anche Alberto Burri, uno degli artisti più grandi e rappresentativi del nostro tempo, rese omaggio a Sansepolcro, di cui aveva subìto il fascino attraverso la suggestione di Piero della Francesca, come egli ebbe modo di dire nel 1992, anno delle celebrazioni pierfrancescane.
Certamente per questo motivo egli, artefice e testimone dei più avanzati linguaggi pittorici del Novecento, dedicò alla città antica e al grande maestro del Quattrocento quella che, nel 1950, fu forse la prima esposizione dei suoi famosi "sacchi", sia pure del tutto estemporanea e di brevissima durata, nella piazza centrale del "Borgo". In quell'occasione Burri utilizzò come cavalletti di appoggio le pietre dell'antica Torre di Berta, spezzata e lacerata, come i "sacchi", sotto i colpi devastanti delle mine fatte esplodere dai tedeschi in fuga il 31 luglio 1944.

Sansepolcro è stata anche testimone della "nuova scienza" di Luca Pacioli, che vi nacque attorno alla metà del Quattrocento e vi progettò un rivoluzionario linguaggio matematico, quello del calcolo computistico e della "partita doppia".
Nel 1476 compose a Perugia per gli studenti di quella università un "Trattato di aritmetica ed algebra"; un altro ne scrisse successivamente a Zara. Insegnò a Napoli e a Milano, dove frequentò Leonardo da Vinci. Nel 1494 fu pubblicata a Venezia la sua "Summa de aritmetica geometria proportioni et proportionalità", scritta, come egli precisò, in volgare. Un trattato di questa importante opera, Tractatus particularis de computis et scripturis, contiene la prima presentazione della Partita doppia e del Libro Mastro, il nuovo modo di tenere conti, che ancora oggi è in uso.
Successivamente, nel 1509, il Pacioli pubblicò, sempre a Venezia, il "Compendio de la Divina Proportione", un'opera già dedicata a Ludovico il Moro e compilata nel 1498 durante la permanenza dell'autore a Milano. Un trattato di essa è dedicato allo studio dei poliedri. Le tavole di quest'opera furono disegnate da Leonardo da Vinci.

Ma la città di Piero e del Pacioli, è sempre stata il luogo di una lunga e fertile tradizione di imprenditoria e di attività commerciali.
Ricca e fiorente in antico per la produzione di panni e di materie coloranti (soprattutto di guado, le cui foglie venivano debitamente trattate per produrre "pani" utilizzati poi per tingere di azzurro i tessuti), bella per l'assetto urbano, per i palazzi e le preziose presenze artistiche, ha sempre favorito la nascita e la fortuna di imprese che ancora fioriscono in campo nazionale e internazionale.